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Monica Schiavoni: sperimentare per non annoiarsi mai

Monica Schiavoni, che percorso professionale hai seguito fino ad oggi?

Ho sempre lavorato soprattutto in ambito amministrativo-contabile, in ruoli che richiedevano organizzazione e precisione. L’ultimo lavoro era nel campo audioprotesi, un settore molto particolare che mi ha messa a contatto con persone audiolese di età diverse.

Cosa ti ha lasciato l’esperienza nell’audioprotesi?

Mi ha insegnato molto sul piano umano: impari a comunicare in modo diverso, a rispettare i tempi degli altri, a comprendere le difficoltà legate alla perdita dell’udito. Mi piaceva, ma sentivo addosso un grande peso emotivo, perché interiorizzavo molte delle storie e delle sofferenze che incontravo.

Quando hai sentito il bisogno di cambiare direzione?

Da un paio d’anni ho iniziato a sentire che avevo bisogno di dedicare tempo a capire meglio le mie aspirazioni. Non volevo più che il lavoro mi impegnasse giornate intere lasciandomi svuotata e lontana da ciò che sento davvero mio.

In che modo stai sperimentando nuovi equilibri lavorativi?

In campo lavorativo sto sperimentando: non voglio un solo lavoro totalizzante, mi piace differenziare così non mi annoio e posso restare più fedele a me stessa. Questo mi permette di aprire spazio alla musica, che sento come una parte profondamente radicata nella mia storia: mia madre mi ha insegnato il più delle canzoni che ora canto, suo fratello gemello era cantante e ballerino, mio padre suonava piano, chitarra e sax, quindi quando faccio musica mi sento nel mio e ci sto bene.

Di che progetto musicale ti stai occupando adesso?

Sto collaborando a un progetto musicale da portare nelle scuole, o meglio nei teatri, con le scolaresche come principale pubblico. È una sceneggiatura destinata ai giovani che racconta la storia del rock, unendo musica e racconto per renderla viva e coinvolgente.

Dove ti vedi domani, guardando al futuro?

Mi vedo sempre più orientata verso progetti musicali con un impatto sociale. Vorrei che la musica diventasse il mio lavoro, non solo per esibirmi ma per costruire percorsi nelle scuole, nelle RSA, nei centri di accoglienza e negli istituti penitenziari, portando ovunque quella stessa energia che ho respirato fin da bambina in famiglia

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