Come è iniziata la tua passione per il mondo del beverage?
La mia passione per il beverage affonda le radici nella mia infanzia. Dopo l’ictus di mia nonna, mi sono trasferito dai nonni materni, un periodo che per me è stato speciale. Crescendo in un ambiente ricco di storia e commercio, con mio nonno che aveva fondato una fabbrica di bibite, l’atmosfera in casa respirava già di tradizione e di lavoro. Da piccolo, mi portavano al chiosco di famiglia e quei profumi sono rimasti nel cuore.
Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo del lavoro?
Già da bambino, mi trovavo a vendere bibite e gelati al chiosco di famiglia. A sei anni, ho cominciato a fare un passo in più: notando che i turisti non venivano da noi, ho preso un cesto pieno di bibite e biscotti e sono andato io da loro. Quella fu la mia prima lezione di vendita itinerante, ed è stata una scoperta che mi ha segnato.
Cosa ti ha insegnato questa esperienza?
Mi ha insegnato a essere curioso e a capire le persone. Ho imparato che vendere non è solo offrire un prodotto, ma anche saper ascoltare, entrare in sintonia con chi hai di fronte. Crescendo, il contatto con il pubblico mi ha dato una formazione imprenditoriale che mi ha permesso di affrontare le sfide con maggiore consapevolezza.
Dopo gli studi e il servizio militare, cosa hai fatto?
Dopo il servizio militare, sono partito per Londra, dove ho lavorato nei pub per affinare le mie capacità. Ho gestito diversi aspetti, come la cassa e il servizio ai clienti, ma sentivo che il mio cuore batteva per la mia terra e i suoi sapori. È stato un passo importante per comprendere meglio il mondo del beverage a livello internazionale.
Quando è nata l’idea di “Terre Pompeiane”?
“Terre Pompeiane” è nata dalla volontà di produrre qualcosa di autentico, che raccontasse la mia terra e la sua storia. Dopo aver visto che il mercato delle bibite era ormai saturo, ho deciso di concentrarmi su liquori artigianali, utilizzando ricette antiche come il limoncello e il liquore all’alloro. Ho voluto raccontare la qualità dei nostri prodotti, e la risposta del mercato è stata incredibile.
Hai avuto anche un tuo locale, il Noenemy Pub. Come ti ha influenzato quella esperienza?
Sì, il Noenemy Pub è stato un passo importante nella mia carriera, ma nel 2009 ho deciso di venderlo per concentrarmi completamente sulla produzione di liquori. Volevo dare tutto me stesso a questa nuova avventura, che si è rivelata di grande soddisfazione. Nel 2010, abbiamo rinnovato anche il chiosco di famiglia, trasformandolo in un garden bar, per continuare a trasmettere il nostro amore per il territorio.
Nel 2015 c’è stato un momento di svolta per te. Di cosa si trattava?
Il 2015 è stato un anno cruciale. Con il liquorificio in forte espansione, abbiamo trasferito la produzione in una sede più grande e moderna, in grado di soddisfare la crescente domanda. Questo passaggio è stato un segno di crescita e di impegno verso un futuro sempre più ambizioso.
Parliamo di “Babàre”. Cos’è e come è nato questo prodotto?
“Babàre” è il risultato di un sogno che diventa realtà. È il primo babà da bere, lanciato nel 2018, che unisce la tradizione napoletana con un’idea innovativa. È un prodotto che racconta la Campania in ogni sorso, e la sua qualità eccellente, abbinata a una distribuzione selettiva, lo ha reso uno dei liquori più ricercati.
Oltre al lavoro, hai qualche hobby?
Mi piace il mare, la natura e ovviamente il calcio, in particolare il Napoli. Ho anche dedicato delle bottiglie in edizione limitata per celebrare gli scudetti della squadra. Anche se non sono un grande sportivo, amo le passeggiate e qualche corsetta. La verità è che il mio lavoro è anche una grande passione, mi piace sperimentare, creare e migliorare costantemente.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il mio obiettivo è ampliare la distribuzione di “Babàre” in tutta Italia, per poi guardare anche al mercato estero. Ogni soddisfazione che ricevo, dalle ambasciate, dai giornali, dalle TV e dai clienti, mi spinge a fare sempre meglio. Il viaggio è appena cominciato.

